IL PAESE

IL PAESE E IL TERRITORIO COMUNALE

Campofelice di Fitalia è un allegro centro agricolo dell’entroterra palermitano con un contesto urbano gradevole, adagiato a circa 734 metri s.l.m. in una splendida posizione. Gode di un vasto territorio esteso 3.529 ettari che ha la cima più alta (932 metri s.l.m.) sul pizzo Mezzaluna e la quota più bassa (265 metri s.l.m.) presso la Pianotta di Vicari. Il territorio è caratterizzato da una folta vegetazione attorno al paese e verso la Pianotta, dove sono presenti uliveti, vigneti, alberi da frutta e giardini per poi cedere spazio ai terreni seminativi dove si pratica la cerealicoltura. Sul pizzo Mezzaluna e dintorni da qualche anno è stato impiantato il bosco. L’agricoltura, e in particolare la coltivazione dei cereali, da sempre ha costituito la principale attività economica dei suoi abitanti, tanto che la fondazione di Campofelice, agli albori del XIX secolo, è collegata proprio all’incremento della produzione agricola nel territorio dello Stato di Fitalia. Il grano, peraltro, continua a rappresentare per il piccolo centro l’eccellenza della produzione agricola. Per valorizzare questa peculiarità Campofelice di Fitalia è stato nominato “Paese del Grano”.

LA STORIA

di Domenico Gambino

Campofelice di Fitalia, Paese del Grano, sorge nel territorio dell’ex Stato feudale di Fitalia, che in origine appartenne alla nobile famiglia Calvello e successivamente dal 1482 alla famiglia Settimo. Il paese nasce nel 1811 per volontà del principe di Fitalia Girolamo Settimo Calvello e Naselli che ebbe riconfermata da Ferdinando IV di Borbone l’antica “licentia abitatorum territorium” di Fitalia concessa nel 1594 al suo antenato il barone Michele Settimo. La denominazione Campofelice, secondo la tradizione popolare, fu data in omaggio alla moglie del principe che si chiamava Maria Felice ma, invero, il toponimo composto da “campo” e “felice” corrisponde a terra fertile. Significato che viene riconfermato dal seguito “fitalia”, toponimo greco nel significato di terra fruttifera. La popolazione, per molto tempo, fu sempre in continua crescita con un significativo incremento demografico, tanto che al censimento del 1861 si contarono 1017 abitanti. Segno inequivocabile che il progetto del principe aveva avuto successo. La fondazione del villaggio, però, coincise con un momento di grandi cambiamenti e con gli anni di transizione dal sistema feudale alla libera proprietà, cosicché, dopo l’avvio dei lavori per la costruzione del villaggio, nel 1812, venne approvata la legge che sanciva la fine della feudalità, ma i primi coloni presero possesso delle abitazioni soltanto nel 1814. Questi eventi, paradossalmente, pesarono sfavorevolmente sul futuro del villaggio. Piccoli centri di nuova fondazione, infatti, alla fine della feudalità, assunsero la figura di comuni in quanto sorti in tempi precedenti. Per Campofelice le cose andarono in maniera diversa. Popolatosi appena dopo la fine della feudalità, al signore di Fitalia vennero a mancare quei diritti stabiliti dal sistema feudale e al paese, di conseguenza, non fu riconosciuta l’entità comunale. Caso forse unico, la nuova popolazione rimase una entità indefinita, amministrata dai principi di Fitalia fino al 1846 per poi, addirittura, autoamministrarsi senza alcun riconoscimento giuridico anche se nel 1848 venne istituita la carica di “Eletto di Fitalia” e l’ufficio dello Stato civile. Questa situazione perdurò fino al 1851 quando il governo borbonico decise di affidare provvisoriamente l’amministrazione di Campofelice al comune di Mezzojuso. Da qui le ragioni della travagliata vicenda di Campofelice di Fitalia che seppur fondato con l’antica “licentia populandi” non godette dei privilegi comunali e perciò i campofelicesi dovettero lottare a lungo per avere riconosciuta l’autonomia comunale. L’economia era sostanzialmente condizionata dalla vocazione del territorio alla cerealicoltura che, come è noto, costituisce ancor oggi la principale attività agricola dei campofelicesi. Nella seconda metà dell’Ottocento nel paese si delineava una specifica cultura popolare dovuta all’integrazione e alla mescolanza di linguaggio, usi, costumi e devozioni provenienti dai vari paesi di origine dei primi abitanti generando un originale patrimonio culturale. Anche nelle situazioni politico-sociali il paese mostrava la propria identità. Nel 1856 da Campofelice al grido di “Viva la libertà” prese avvio la sfortunata rivolta organizzata da Francesco Bentivegna contro il dispotismo borbonico che fu presto soffocata e finì nel peggiore dei modi. Il Bentivegna fu condannato a morte e fucilato nella piazza di Mezzojuso; tra i condannati a morte con pena commutata a 18 anni di carcere duro anche sette campofelicesi. Nel 1860 furono liberati dai picciotti che si unirono a Garibaldi, e diedero il loro contributo all’unità d’Italia. Nel 1866 quando a Palermo scoppiò la sommossa popolare, detta “del Sette e Mezzo”, Campofelice fu tra i paesi dell’entroterra del palermitano dove il risentimento popolare si sollevò in modo assai violento e l’ordine fu ristabilito soltanto quando dalla città sopraggiunse un battaglione di soldati. Nel 1893, sull’esempio di altri Comuni, anche a Campofelice fu costituita una sezione dei “Fasci dei lavoratori”, instaurando rapporti con altre organizzazioni e con Bernardino Verro, corleonese e leader del movimento. Un altro periodo importante della storia politica e sociale del paese, è costituito dalla fondazione, agli albori del Novecento, di due organizzazioni fortemente contrapposte, ovvero la “Società Agricola Operaia di Mutuo Soccorso – Libertà e Lavoro” di orientamento socialista e la “Società Cooperativa Cattolica” comunemente detta “Lega Cattolica”. I campofelicesi, che avevano acquisito una propria identità politica e culturale legata alla propria origine storica, erano rimasti rilegati a frazione, così nel 1890 veniva fondata la Società Agricola Operaia “Umberto I”, finalizzata alla mutua assistenza e alla difesa degli interessi locali. Da quel momento, negli anni successivi, si moltiplicarono sempre più le proteste e le richieste verso l’Amministrazione comunale di Mezzojuso per la risoluzione di problemi locali. L’autonomia comunale sembrò cosa fatta nel 1922 quando fu discussa al Parlamento italiano, ma grande fu la delusione quando si apprese il rinvio della decisione. L’avvento del fascismo, pregiudizialmente contrario alle autonomie locali, portò alla sospensione di quell’anelito di autonomia. Al termine della seconda guerra mondiale e con l’affermarsi delle nuove idee di libertà, democrazia e valorizzazione delle autonomie locali, l’antica aspirazione dei campofelicesi si impose nuovamente nella vita politica del paese (circa 1700 ab.) che fu incentrata a sostenere la causa della libertà amministrativa ma, malgrado i campofelicesi trovassero sostegno nella Regione Siciliana, le battaglie per raggiungere l’autonomia furono molto aspre. Per questo motivo grande e commovente fu la gioia dei campofelicesi quando, finalmente, il 1° febbraio 1951, venne approvata la legge Ragionale che elevò Campofelice di Fitalia a comune autonomo.

ESCURSIONI E VISITE
A CAMPOFELICE DI FITALIA E DINTORNI

Borgo di Fitalia

Si trova a poca distanza da Campofelice di Fitalia a nord-est dell’abitato ed è raggiungibile a piedi attraverso la cosiddetta “Scinnuta ri Fitalia” o anche con automezzi, seguendo la strada intercomunale 30. Il borgo fu il centro amministrativo dell’ex Stato feudale di Fitalia. Il toponimo è di origine greco-bizantina e significa piantagione di alberi, vigna ed altro; ma dell’esistenza del casale si ha notizia soltanto da un documento dell’anno 1093. Il borgo costruito con l’impiego di pietra arenaria conserva tutt’oggi l’impianto urbanistico originario, malgrado alcune fabbriche siano diroccate. I sistemi costruttivi indicano che il borgo ha avuto sviluppo durante il Cinquecento. Nell’insieme esso costituisce una rara testimonianza di casale abitato da una comunità agro-pastorale; è caratterizzato dal baglio con la palazzina dei Settimo, nobile famiglia dei possessori del feudo, un tempo indicato come castello. All’esterno di questo nucleo, ad oriente, c’è l’accenno di alcune stradine con rustiche casette e frontalmente la chiesetta di san Nicola del XVI sec. di recente riportata all’antico splendore. Poco più giù si trova un imponente abbeveratoio costruito con grossi blocchi di pietra molara e il lavatoio per gli animali da soma, entrambi probabilmente costruiti durante il XVII secolo. A sud e nelle vicinanze del casale, su un rilievo, sono i resti delle mura del cosiddetto “castellaccio”, verosimilmente una piccola fortezza con funzione di vedetta e di alloggiamento per una piccola guarnigione di soldati a difesa del borgo, probabilmente di epoca bizantina. L’escursione al borgo di Fitalia trasporterà il visitatore a tempi remoti in un’oasi di pace e serenità. Egli potrà godersi la vista di paesaggi incantevoli allungando lo sguardo verso le Serre di Ciminna. Borgo di Fitalia
Si trova a poca distanza da Campofelice di Fitalia a nord-est dell’abitato ed è raggiungibile a piedi attraverso la cosiddetta “Scinnuta ri Fitalia” o anche con automezzi, seguendo la strada intercomunale 30. Il borgo fu il centro amministrativo dell’ex Stato feudale di Fitalia. Il toponimo è di origine greco-bizantina e significa piantagione di alberi, vigna ed altro; ma dell’esistenza del casale si ha notizia soltanto da un documento dell’anno 1093. Il borgo costruito con l’impiego di pietra arenaria conserva tutt’oggi l’impianto urbanistico originario, malgrado alcune fabbriche siano diroccate. I sistemi costruttivi indicano che il borgo ha avuto sviluppo durante il Cinquecento. Nell’insieme esso costituisce una rara testimonianza di casale abitato da una comunità agro-pastorale; è caratterizzato dal baglio con la palazzina dei Settimo, nobile famiglia dei possessori del feudo, un tempo indicato come castello. All’esterno di questo nucleo, ad oriente, c’è l’accenno di alcune stradine con rustiche casette e frontalmente la chiesetta di san Nicola del XVI sec. di recente riportata all’antico splendore. Poco più giù si trova un imponente abbeveratoio costruito con grossi blocchi di pietra molara e il lavatoio per gli animali da soma, entrambi probabilmente costruiti durante il XVII secolo. A sud e nelle vicinanze del casale, su un rilievo, sono i resti delle mura del cosiddetto “castellaccio”, verosimilmente una piccola fortezza con funzione di vedetta e di alloggiamento per una piccola guarnigione di soldati a difesa del borgo, probabilmente di epoca bizantina. L’escursione al borgo di Fitalia trasporterà il visitatore a tempi remoti in un’oasi di pace e serenità. Egli potrà godersi la vista di paesaggi incantevoli allungando lo sguardo verso le Serre di Ciminna.

Pizzo Marabito e Pizzo di Casi
Come raggiungerli

Sono due interessanti montagne contigue, distanti pochi chilometri da Campofelice di Fitalia. Si possono raggiungere percorrendo la strada provinciale Campofelice-Prizzi e imboccando alla Portella dei Prizzitani un sentiero carrozzabile che conduce ai piedi dei due rilievi. Un luogo caratterizzato dai numerosi massi che affiorano dal terreno e da un’affascinante radura detta dall’acqua amata per la presenza di una sorgente, resa misteriosa dall’eco che vi risuona. In questo luogo nello strapiombo della montagna. rimangono i segni delle ferite provocate da una cava di marmo abbandonata. Le cime sono raggiungibili dopo una scalata di oltre un centinaio di metri. Fatica che potrà eludersi percorrendo la strada provinciale fino a Guddemi, per imboccare la carrozzabile che s’immette nel bosco e permette di raggiungere la cima del Pizzo di Casi dal lato sud-ovest presso la Portella del Vento, dopo un breve tratto caratterizzato da un pendio a tratti scosceso da percorrere a piedi. Dalla sommità dei due monti si godono paesaggi suggestivi e lo sguardo potrà soffermarsi sue tanti paesini distesi nei dintorni o spingersi fino al Mongibello.

Pizzo di Casi (m 1.211 s.l.m.)

Il toponimo è d’incerta origine. La montagna da tre lati, est, nord e nord-est è delimitata da scarpate molto ripide e a strapiombo, mentre da ovest scende dolcemente verso la Portella del Vento. La sommità è caratterizzata da due rilievi dal nome suggestivo: a sud la cima più elevata di Pizzo Castello e a nord il Pizzo o Corona del Re. Fra le due estremità corre una spianata che in epoca greca e medievale fu sede di un insediamento umano con funzioni certamente strategiche. A testimonianza delle antiche abitazioni distrutte, nel sito abbondano tutt’oggi cumoli di pietrame e frammenti di tegole e di ceramiche; nel Pizzo Castello affiora la struttura muraria quadrangolare di una probabile torre d’età medievale; sul versante da ovest a sud è ipotizzabile un muro di cinta a difesa della località, per il terrapieno continuo che delimita il rilievo e per lo spessore del pietrame che appare dal terreno. Qui, secondo un documento del 1093, sorgeva il casale medievale di Hāsū o Chasu, centro amministrativo della terza prebenda agrigentina cui dipendevano i casali di Fitalia, Guddemi e Mezzojuso. Esso ebbe origine durante la colonizzazione araba della Sicilia. Al Pizzo di Casi si legano le leggende del vicino Pizzo Marabito.

Pizzo Marabito (m 1.178 s.l.m.)

È la leggendaria montagna che prende anche il nome di Marabella e che si ammira nella sua caratteristica forma conica dal fronte di levante. Sopra lo strapiombo, in una piccola area pianeggiante, intermedia con il Pizzo di Casi, emergono le testimonianze di una necropoli. Il toponimo è di origine araba e probabilmente deriva dal nome del capo arabo Mirabetto o Morabito per la stringente assonanza col dialettale Marabbitu; sul Pizzo di Casi, ove sorgeva Hāsū, infatti, egli avrebbe stabilito il suo quartier generale dopo essersi ribellato ai normanni e aver terrorizzato, con le sue scorrerie, tutto il Val di Mazzara. Ma la feroce repressione attuata da Federico II contro le comunità arabe, costrinse i musulmani guidati da Mirabetto ad abbandonare le montagne e in molti furono allontanati dalla Sicilia (1220-1223). Fu a quell’epoca che gli abitanti di Hāsū dovettero abbandonare le loro dimore e stabilirsi nelle vallate. Questi avvenimenti storici e le vicende umane della gente che abitò il Pizzo di Casi sono da porre in relazione alle leggende del Marabito. Il popolo, avvezzo a sognare ricchezze grandissime, al racconto storico aggiunse la fantasia e quindi immaginò che gli arabi, costretti ad abbandonare le loro abitazioni, avessero nascosto gli immensi tesori da loro posseduti nelle viscere del Marabito. La stessa montagna, però, sembra essere complice della leggenda, perché gli antri del Marabito esistono davvero e si conoscono due vie d’accesso, ovvero la famosa grutta ri l’Areddara (grotta dell’Edera) e la grutta ru Cristallu (grotta del Cristallo). Di esplorazioni nella grotta dell’Edera si hanno notizie già dalla seconda metà dell’Ottocento, ma la più significativa fu quella compiuta nel 1925 da Domenico Annino, un ricercatore di combustibile solido. Nella descrizione si parla di pozzi e di caverne che scendono verso il basso e di una immensità di stalattiti e stalagmiti dalle forme più fantastiche che possano immaginarsi.

Puntali ri saracini
È un grosso masso che presenta sulla superficie orizzontale cinque loculi, mentre un altro loculo ad arcosolio è scavato nella parte maggiormente affiorante sul frontale verticale. La denominazione è impropria e nulla ha a che fare con i saraceni. In realtà si tratta di un complesso funerario che per le sue caratteristiche si fa risalire alla preistoria e può essere attribuito alla prima fase dell’età del bronzo (3300 – 2000 a. C.). Il sito si trova a nord-est di Campofelice di Fitalia in prossimità del torrente Carcilupo ed è raggiungibile percorrendo dal paese la strada intercomunale 30 ed imboccando una stradella sterrata al di sotto dell’impianto di stoccaggio del grano.

Qanat Santa Domenica

Sparsi in diverse contrade, seppure labili ma significativi, sono i segni delle frequentazioni arabe nel territorio di Campofelice di Fitalia e dintorni durante la loro colonizzazione della Sicilia. Tra questi il qanat, sistema di trasporto idrico, visibile nella contrada Santa Domenica (territorio di Campofelice), rappresenta un raro esempio delle ingegnose opere da loro realizzate a servizio di insediamenti umani e per l’irrigazione dei terreni. I qanat, costruttivamente, sono costituiti da una serie di cunicoli verticali simili a pozzi, collegati da un canale sotterraneo in lieve pendenza. Questa tecnica permette di attingere l’acqua dalla falda acquifera e di trasportarla in superficie senza alcuna necessità di pompaggio. L’acqua fluisce per effetto della gravità poiché la destinazione è più bassa rispetto all’origine.

Castello della Margana

Da Campofelice di Fitalia si raggiunge percorrendo la strada che conduce alla SS 121 e quindi, dopo un paio di chilometri, uscendo per Vicari. Da qui imboccando la strada provinciale 31 della Margana e percorrendola fin poco oltre il villaggio Portella delle Croci. L’antichissima fortezza, innalzata su una rupe caratterizzata da pareti scoscese si trova in prossimità del fiume della Margana.  Essa domina un vasto territorio e si mostra improvvisamente al visitatore come se si aprisse il sipario di una incantevole scena teatrale. Il castello risale agli inizi del XIII secolo e fu costruito ad opera dei cavalieri Teutonici, chiamati in Sicilia nel 1197. Questo per molto tempo costituì un’ottima opera difensiva del territorio, e rappresenta oggi una tra le poche testimonianze in Sicilia di architettura medievale realizzata dai cavalieri Teutonici. Il maniero è di proprietà privata e non è visitabile al suo interno.

DA VISITARE

Chiesa di San Giuseppe
La chiesa si trova al centro del paese lungo il corso Vittorio Emanuele. Fu edificata all’inizio del 1800 con il primo nucleo di case, ma crollata venne ricostruita e portata a compimento nel 1881. Per renderla grandiosa, nel 1902 si provvide all’innalzamento. All’interno del luogo di culto si ammira l’artistico gruppo ligneo policromo di san Giuseppe che conduce per mano Gesù Bambino del 1817, opera dello scultore palermitano Girolamo Bagnasco. È questa l’undicesima scultura autentica riconosciuta allo “Scultore di Dio”, per il ritrovamento della commissione fatta al Bagnasco dal Principe di Fitalia e della successiva quietanza per il saldo delle quaranta onze pattuite. Fra le altre statue si annota la scultura lignea policroma della Madonna dei Miracoli di autore ignoto di fine Cinquecento. Rilevante agli occhi del visitatore il magnifico campanile costruito nel 1894 e sopraelevato nel 1927 quando si pervenne alla forma attuale e venne collocato l’orologio pubblico. Alto circa metri 26,50, è caratterizzato dalle finestre bifore che si aprono sui quattro lati. La costruzione elabora forme di architetture gotiche.

Museo del grano e della civiltà contadina siciliana

Gestito dall’Associazione culturale che riporta lo stesso nome, il museo, composto da sei ambienti, si trova in corso Vittorio Emanuele n.15. Un’esposizione la cui tematica è stata determinata dalla realtà territoriale di Campofelice di Fitalia, che vanta un territorio prevalentemente vocato alla cerealicoltura, dove il grano costituisce tutt’oggi l’eccellenza della produzione agricola. Il museo si sviluppa in sei ambichede descrittive e immagini sono di aiuto soprattutto al visitatore che per la prima volta si avvicina al mondo rurale per conoscere attraverso gli oggetti quella civiltà contadina del passato legata alla coltivazione dei cereali. Di elevato significato culturale è la raccolta di libri e documenti sul grano e il pane. Nelle altre zone, sono esposti diversi attrezzi utilizzati per il lavoro agricolo, per la coltivazione della vite, produzione del vino e la pastorizia, con particolare riferimento alla produzione della ricotta e del formaggio. Sono presenti, inoltre, attrezzi specifici degli artigiani, immagini sacre, e una stanza, infine, è dedicata alla casa dei contadini Il museo accoglie, inoltre, una mostra documentaria dal titolo: Mike Bongiorno “figlio” di Campofelice di Fitalia – la famiglia d’origine e l’emigrazione in America. Esposizione che è il risultato di una ricerca condotta da Domenico Gambino che ha fatto luce sugli antenati e le radici siciliane del noto presentatore.

enti e gli spazi maggiori sono riservati alla rappresentazione del ciclo del grano, dall’aratura alla semina e dalla mietitura alla trebbiatura (pisata), fino alla panificazione e alla produzione della pasta in casa. S

Museo civico degli antichi mestieri locali

Si trova al n. 5 del corso Vittorio Emanuele, appena all’entrata del paese. L’esposizione è incentrata su reperti che documentano gli antichi mestieri della comunità rurale Campofelicese, ed è indirizzata al recupero e alla valorizzazione dell’identità locale. Accanto agli oggetti del mondo contadino e della pastorizia si ammirano angoli che ricostruiscono gli ambienti dei tradizionali mestieri: il calzolaio, il barbiere e il bottegaio con la putia, e ancora arnesi del mastro d’ascia (falegname). Un angolo, inoltre, è dedicato all’esposizione di fotografie del tempo passato che documentano momenti di vita, di svago e di avvenimenti relative alla comunità locale.

STRUTTURE RICETTIVE

CASALE SAN LEONARDO. 

Un luogo segreto in Sicilia.
Sale ricevimenti per matrimoni, eventi speciali, meeting e congressi.
Sorge in una splendida posizione fra uliveti e piantagioni di grano a monte dell’omonimo fiume da cui prende il nome. E’ situato nel territorio di Campofelice di Fitalia in contrada Valle di Zasa.
Per raggiungerlo, percorrere la strada scorrimento veloce SS 121 PA-AG, uscire per il bivio di Vicari e seguire le indicazioni.
Tel. 091 820 7156 – cell [+39] 333 95 00 051 – [+39] 334 35 12 241

AZIENDA BAGLIO CARCILUPO – Agriturismo .
Cucina tradizionale.
Sorge su un’amena collina in contrada Carcilupo a qualche chilometro da Campofelice di Fitalia.
E’ posto lungo la strada intercomunale 30 che congiunge il paese con lo scorrimento veloce SS 121 PA-AG.
Tel. 091 820 0225 – cell [+39] 320 11 56 269

FESTE ED EVENTI

Il 19 marzo – Festa di san Giuseppi puvureddu in quanto per antica tradizione dedicata alla provvidenza per i poveri. In questo giorno viene allestita la caratteristica tavulata, ovvero una tavola imbandita con una gran varietà di cibi preparati dai fedeli. Piatto tipico è a pasta ri san Giuseppi, una gustosa minestra condita con lenticchie, finocchietto di montagna e fave, cotta in una grande pentola e distribuita ai presenti. Per devozione si prepara anche il pane votivo che viene distribuito ai presenti ed a tutte le famiglie del paese.

Il 22 e 23 agosto – Festa di san Giuseppi riccu, in quanto in questa occasione si vuole ostentare la sfarzosità dei festeggiamenti con le manifestazioni civili. Fra i riti religiosi, il 23 agosto rilevante è la processione con il simulacro del Patriarca che tiene per mano Gesù Bambino. In questa occasione si ripete la tradizione della tavulata con pietanze e dolci preparate dalla gente del paese, allestita davanti la chiesa.

In agosto – le manifestazioni dell’”ESTATE CAMPOFELICESE”. 

Ultima domenica di agosto – Festa di santa Lucia con processione.

Il 13 dicembre – memoria di santa Lucia, si rinnova la tradizione di non mangiare i derivati del grano. Si mangia, invece, la cuccìa che per devozione viene preparata dal comitato dei festeggiamenti e distribuita ai presenti al termine della Santa Messa solenne.

PRODOTTI TIPICI

Sono quelli caratteristici delle zone rurali dell’entroterra siciliano. Da segnalare tra i prodotti derivati dalla terra l’olio di oliva e il vino. Rinomata è la produzione di salsiccia fresca e asciutta e il salame preparati secondo la tradizione locale dalle carnezzerie del paese. Ottimi i prodotti caseari delle aziende agricole locali: la ricotta fresca, specialmente di pecora, o salata, come pure i formaggi pecorino e caciocavallo. Una specialità è il cuddiruni, una pizza condita con salsa di pomodoro, cipolla, acciughe, cacio, mollica, origano e un filo d’olio. Apprezzabile anche la produzione di dolci e biscotti confezionati secondo antiche ricette. Particolarmente appetibili sono i sarviati e i cucciddata, dolci natalizi ripieni del cosiddetto chinu di fichi o di mandorle.

Gusti della cucina tradizionale presso l’azienda agrituristica “Baglio Carcilupo”, a qualche chilometro dal paese lungo la strada Campofelice – SS 121 PA-AG (tel. 091/8200225 – 320.1156269).


AZIENDE LOCALI

Prodotti caseari:

  • Canino Teresa, Via Castello, 32
  • La Barba Fabio, Via Gorizia, 28

Panificio/Biscottificio:

  • Truzzolino Antonia, Corso Vittorio Emanuele, 36

Polleria-Pizzeria-Panineria-Tavola Calda:

  • La Taverna del Ranco, Via Principe Amedeo, 65

Carnezzerie:

  • Ubaldini Piera, Corso Vittorio Emanuele, 149

Alimentari e prodotti vari:

  • Emporio Cuttitta Carmela, Corso Vittorio Emanuele, 92
  • Vagante Gisella, Via Principe di Fitalia, 87

Frutta e verdura:

  • Giusi e Salvo, Corso Vittorio Emanuele, 126

Tabacchi:

  • A Napulitana, Corso Vittorio Emanuele, 158
Bar/Pub
  • Margherita, Villa comunale “Franco Restivo” – Corso Vittorio Emanuele

Burgio cereali:

  • Stoccaggio, vendita all’ingrosso e dettaglio di cereali, prodotti per l’agricoltura e la zootecnia – Campofelice di Fitalia