LASCIAR PERDERE TUTTO O CONSEGNARNE LA MEMORIA?

di Salvatore Stefano Gambino

Due modi vi sono di porsi di fronte a un paese che si dice d’amare: abbandonarsi alla sue estatica contemplazione, paghi di fermarsi alla analisi di quanto è possibile cogliere in superficie senza scendere nelle pieghe nascoste di una intimità che sembra quasi un peccato violare o, condotti da una passione creativa, proprio in questi risvolti affondare l’attenzione, cercando con ostinazione, tramite lo scritto o per immagini documentarie o con la ricerca di reperti in via di estinzione per abbandono di attività un tempo usuali, di raccogliere quanto più possibile nello sforzo di consegnare il tutto alla intelligenza e allo sguardo attento di chi vi si volge con certa nostalgia e di generazioni che di quei tempi hanno memoria solo per i racconti che hanno avuto ventura d’ascoltare o che, neppure indotti da questa generosa azione di trasferimento di testimonianze, solo così si troverebbero nella condizione di prenderne atto, in modo per altro visivamente diretto e in ogni altro caso mai comunque altrettanto facilmente rappresentabile. La raccolta, certosina, metodica e costante, per diversi anni portata avanti dall’amico architetto Domenico Gambino, di materiali provenienti dall’attività agricola e pastorale praticata negli ex feudi della campagna campofelicese, poi collocata e razionalmente disposta nei locali del Museo del Grano, la cui gestione è affidata alle sapienti cure di una Associazione che a tal uopo ha voluto e saputo creare, è ben riuscita nell’intento di fissare all’attenzione dei tanti ricercatori di memorie, che per fortuna affollano ancora i nostri tempi, i momenti salienti di attività lavorative che hanno rappresentato il fulcro delle dinamiche economiche del territorio di Campofelice di Fitalia nel suo complesso. Accompagnato dall’amore incessante verso il suo paese, Domenico Gambino ha saputo coinvolgere l’interesse di amici e compaesani sull’iniziativa fin da quando ha avviato la sua operazione di raccolta dei reperti, fatto che gli ha consentito di consegnare, in uno scorrere suggestivo della complessiva immagine olografata che si riesce a cogliere all’interno dei locali del Museo, quasi una fotografia dello snodarsi di attività che, come nel presente, pur in minor misura e con mezzi di gran lunga diversi, anche in un lontano passato, nelle ridenti e fertili campagne del suo paese, si sono susseguite in un impegnativo e puntuale processo lavorativo che ha visto le stesse di continuo sfruttate a partire dalla semina alla mietitura e al raccolto, sia di grano come pure d’orzo o avena, e nei periodi di fermo produttivo consegnate al pascolo e all’allevamento del bestiame. Le visite guidate che vi si effettuano e vi si effettueranno, accompagnate anche dal suo personale discorrere, o da quello dei familiari attenti e sempre presenti e a lui vicini, sui mestieri, oltre che, con competenza, sugli attrezzi esposti e catalogati in rispetto di collaudate procedure museali, sono il risultato di una fruttuosa semina il cui raccolto sono certo rimarrà nel tempo sempre disponibile e non solo per Campofelice di Fitalia.